Nuova imposta di registro iniqua: chi compra dal costruttore paga 7 volte di più

 

Dal primo gennaio 2014 è in vigore una miniriforma dell’imposta di registro che ha modificato alcune aliquote d’imposta per i trasferimenti immobiliari, ma che soprattutto ha aggravato una palese iniquità del sistema impositivo che tratta in maniera illogicamente difforme chi compra da un privato e chi compra da un costruttore. 

 
Si faccia il caso (vero) di due fratelli che, aiutati in pari misura dai genitori, decidano di acquistare, come prima casa, due appartamenti gemelli nello stesso stabile di recente costruzione a Milano in zona semiperiferica pagando entrambi un prezzo di 335mila euro. Il valore catastale è pari a euro 84.107,10. 
 
Il primo fratello acquista direttamente dall’impresa costruttrice, mentre il secondo da un privato che si trova nelle condizioni di dover rivendere poco dopo il suo acquisto. 
 
Il primo fratello dovrà pagare imposte per euro 14.379,40 (Iva con l’aliquota del 4% calcolata sul prezzo di acquisto e imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali, oltre a vari accessori), mentre il secondo ne dovrà pagare per euro 1.823,60 (imposta di registro con l’aliquota del 2%” calcolata sul valore catastale e imposte fisse ipotecarie e catastali, oltre ai soliti accessori). 
 
A ciò si aggiunga che chi compra da privato potrà immediatamente utilizzare il credito d’imposta generato da un precedente acquisto, mentre chi compra dal costruttore ha un utilizzo complesso e ritardato nel tempo. 
 
Un legislatore che pone mano a una riforma delle imposizioni indirette sui trasferimenti degli immobili dovrebbe porsi come obiettivo quello di assicurare all’erario il gettito che da questo tipo di imposizione lo Stato si attende, senza perdere di vista equità e ragionevolezza, ciò che non è stato fatto in occasione della recente riforma. 

Un sistema fiscale che tratta in modo difforme fattispecie identiche consentendo differenze di imposta vicine al 700% non può essere considerato equo e ragionevole.

Oggi che il piano casa sembra essere una priorità nell’agenda del governo non si può non ricordare come un’imposizione basata su criteri così iniqui possa essere letale per un settore in crisi come quello delle costruzioni.

Perché mai, riscontrata l’abbondanza di offerta sul mercato, un operatore dovrebbe essere invogliato a investire in una nuova iniziativa di costruzione o recupero, quando un privato può mettere sul mercato un immobile di ugual valore ma con una fiscalità più conveniente?

Perché mai uno sviluppatore straniero dovrebbe scegliere l’Italia quando altri Paesi hanno una fiscalità più equa e ragionevole?

Certo non è questa l’unica illogicità del fisco nel settore immobiliare, ma certo è che l’occasione per porvi rimedio è stata persa con l “ultima riforma. n piano casa del governo Renzi potrebbe essere l’occasione per ripristinare un po’di logica.

Non certo abbandonando l’ottima intuizione della determinazione catastale della base imponibile per le vendite tra privati, ma modificando le aliquote in modo da ripristinare una sostanziale equità del sistema.